La Sanfelice 1.2 by Alexandre Dumas

La Sanfelice 1.2 by Alexandre Dumas

autore:Alexandre Dumas
La lingua: ita
Format: azw3, epub
editore: Adelphi
pubblicato: 1998-12-31T23:00:00+00:00


58. TUTTO E’ PERDUTO, ANCHE L’ONORE.

Quasi subito, infatti, entrò il re seguito dal duca d’Ascoli. Una volta arrivato, e non avendo più nulla da temere, aveva recuperato il suo rango ed era passato per primo. Sua Maestà era in un singolare stato d’animo: il dispetto che gli ispirava la sua disfatta lottava dentro di lui contro la soddisfazione di essere sfuggito al pericolo, e adesso egli provava quel bisogno di scherzare che gli era naturale, ma che diventava più amaro nelle circostanze in cui si trovava. A ciò si aggiunga il malessere fisico di un uomo, o meglio di un sovrano che ha appena fatto sessanta leghe in uno scomodo calessino, senza trovar nulla da mangiare, in una fredda giornata e in una piovosa notte di dicembre.

«Brrr!» fece entrando e sfregandosi le mani senza apparentemente far caso ai presenti. «Si sta meglio qui che sulla strada di Albano. Tu che ne dici, Ascoli?».

Poi, siccome i commensali della regina si profondevano in inchini, proseguì: «Buonasera, buonasera, sono molto contento di trovare la tavola imbandita. Da Roma in poi non abbiamo trovato nemmeno un pezzetto di carne da mettere sotto i denti. Pane e formaggio in piedi e in tutta fretta, un gran bel mangiare! Puah! Che locande schifose ci sono nel mio regno e come compiango quei poveri diavoli che ci fanno assegnamento! A tavola, Ascoli, a tavola! Ho una fame da lupi».

E il re si mise a tavola senza curarsi di chiedere se occupava il posto di qualcuno, e fece sedere Ascoli accanto a sé.

«Sire, sareste così gentile da rassicurarmi» chiese la regina avvicinandosi all’augusto consorte, da cui tutti si tenevano rispettosamente a distanza «dicendomi a quale circostanza io debba la gioia di questo ritorno inaspettato?».

«Signora, siete stata voi, credo – di sicuro non San Nicandro -, a raccontarmi la storia del re Francesco Primo, che, dopo non so quale battaglia, prigioniero di non so quale imperatore, scrisse alla sua signora madre una lunga lettera che finiva con questa frase: ‘Tutto è perduto, fuorché l’onore’ 21. Ebbene, supponete che io arrivi da Pavia – è il nome di quella battaglia, adesso me lo ricordo – e che, non essendo stato così stupido da lasciarmi catturare come il re Francesco Primo, invece di scrivervi, venga a dirvelo personalmente!…».

«Tutto è perduto, fuorché l’onore!» esclamò la regina atterrita.

«Oh, no, signora:» replicò il re con una risata stridula «c’è una piccola variante. Tutto è perduto, anche l’onore».

«Oh, sire!» mormorò Ascoli, vergognandosi, in quanto napoletano, del cinismo del re.

«Se l’onore non è perduto, Ascoli,» fece il re aggrottando le sopracciglia e stringendo i denti, segno che non era poi insensibile alla situazione come voleva dare a vedere «allora che cosa inseguivano quegli uomini a tale velocità che, pur pagando un ducato e mezzo al postiglione, abbiamo tanto faticato a superarli? La vergogna!».

Tutti tacevano, in mezzo a un silenzio di tomba, poiché, senza ancora sapere niente, sospettavano già tutto. Il re, che, come abbiamo detto, si era seduto facendo accomodare al suo fianco il duca d’Ascoli,



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